MyMomsAboutTown: Katja

Katja sovverte tutti gli stereotipi con cui normalmente vengono definiti i tedeschi: un po’ freddini, precisetti ai limiti dell’ottusità e, peggio del peggio, privi di senso dell’ironia. Bè, lei è tutto il contrario: è calda, sprizza entusiasmo e creatività, è ironica e – ha ammesso lei stessa – molto meno precisina di suo marito che è italianissimo, pugliese DOC e proprietario delle due splendide masserie Torre Coccaro e Torre Maizza, a Savelletri di Fasano. Tra le masserie Katja si sente a casa e fa sentire a casa anche i suoi ospiti, che arrivano da ogni parte del mondo. L’ho conosciuta tramite una cara amica comune, mi ha raccontato la sua storia e io ho voluto condividerla qui, perché parla di amore, di cambiamenti e…di Puglia!  

Katja, 46 anni, giornalista, scrittrice, fotografa e mamma di Emma, 3 anni

Monaco di Baviera-Savelletri è un bel viaggio! Come ci sei finita in Puglia? Cosa ti ha convinta a restare? 
Sono arrivata in Puglia 7 anni fa come giornalista: dovevo scrivere un articolo sulla masseria del mio futuro marito, Torre Maizza, per una rivista online per buongustai. Nei miei viaggi ho avuto modo di conoscere bene l’Italia del nord ma non ero mai andata oltre Roma. Mi è piaciuto molto quello che ho trovato: le temperature miti fino a fine novembre, il paesaggio puntellato di ulivi secolari mastodontici e bellissimi, il mare incontaminato, selvaggio. Niente era come me l’ero immaginato. La Puglia mi sembrava addirittura l’Africa. Facendo la giornalista freelance potevo lavorare dove volevo, allora ho deciso di fare una prova e fermarmi lì per un po’. Ho preso in affitto un appartamento a Monopoli per finire un libro che avevo cominciato a scrivere, il mio secondo sullo stesso tema: ritratti di donne che viaggiano e danno una svolta alla loro vita. La casa era con vista mare, come desideravo da sempre, peccato che si stava avvicinando l’inverno e quell’inverno fu molto duro e particolarmente freddo. A primavera avevo finito il manoscritto, mezza congelata ma felice. Nel frattempo cercavo di imparare l’italiano. Parlavo già inglese e francese, avevo imparato il latino a scuola, ma con l’italiano non mi ero mai misurata. Diciamolo, Vanity Fair mi è stato di grande aiuto: studiavo ogni nuovo numero con  attenzione e cercavo di immagazzinare tutte le sfumature di una lingua che non capivo ancora. I progressi erano lenti e poco soddisfacenti, soprattutto all’inizio. Mio marito Vittorio, che all’epoca era solo un amico, è stato fondamentale: mi portava al cinema, che poi è una passione che ci accomuna, mi traduceva pazientemente tutto ciò che non capivo, cioè praticamente TUTTO. Mi portava in giro per la Puglia, mi faceva vedere i suoi posti preferiti, mi faceva incontrare i suoi amici. E da lui in masseria mi sono sentita a mio agio fin dall’inizio: lì incontravo le persone che ero abituata a incontrare nei miei viaggi da giornalista in giro per il mondo: gente di spessore, colta, viaggiatori appassionati, intellettuali. Stando a contatto con loro viaggiare non mi mancava: in masserie arrivava (e arriva tuttora) il mondo intero, inglesi, francesi, tedeschi, australiani, americani. Restare in Puglia è stato naturale.

Com’è stato l’impatto con una nuova cultura, così diversa dalla tua? ti sei ambientata facilmente?
Facilmente, no. All’inizio tutto sembra perfetto, migliore della vita che hai lasciato: gente più aperta, più interessante, tutto è nuovo, tutto affascinante. Pure la parte che ancora non capivo tanto bene per mancanza di dimestichezza con la lingua. Questo mondo nuovo mi piaceva. Poi ti accorgi che non è proprio tutto come sembra, impari che ci sono “difetti”, limiti, aspetti a cui fare l’abitudine. Sono rimasta in silenzio per tanto tempo a fianco a mio marito. Ho ascoltato piuttosto che parlare, cosa non facile per una come me che ama confrontarsi, interagire, esprimersi. E’ stata una fase dura e molto stancante, a dire la verità. Mio marito per tanto tempo è stato l’unico amico e l’unica persona di riferimento in assoluto. E’ stato sicuramente pesante anche per lui, grazie a dio non si è mai lamentato. Mi ci sono voluti 3, 4 anni per trovare degli amici. Ricordo bene che non mi sentivo mai all’altezza delle persone. Notavo che molto raramente qualcuno mi rivolgeva la parola e davo la colpa a me stessa che non ero abbastanza veloce ad imparare la lingua, per esempio. Al sud, poi, non tutti parlano l’inglese, quindi anche chi mi stava di fronte magari si sentiva inadeguato nei miei confronti. Ora ci rido sopra. Ancora oggi ci sono tante cose a cui devo ancora abituarmi. In paese, dove abbiamo vissuto fino a pochi mesi fa, ce ne sono ancora di più: la mentalità è molto diversa dalla mia, la gente è molto diffidente e non importa quanto tu sia aperta e disponibile. Ti guardano comunque come una che non è del luogo e che sembra arrogante solo perché è diversa. Ci è voluto molto tempo e pazienza per fare scogliere il ghiaccio. In città, dove ci siamo trasferiti da poco e dove resteremo per i mesi invernali, mi sembra più facile integrarsi. A Lecce mi sento ben accolta senza dover fare tanti sforzi. Forse dipende anche dal fatto che non sono l’unica straniera qui: nella classe di mia figlia ci sono almeno 3 mamme tedesche. A Lecce vai in un caffè qualsiasi e se ti va ci rimani tutta la giornata. In paese si va al bar, si butta giù il caffè e si esce: trattenersi è considerato strano, anomalo, chi lo fa viene guardato con sospetto. Arrivando in città, dopo anni in provincia, Lecce mi sembrava addirittura New York. Spero che questa sensazione duri ancora molto tempo. Comunque devo dire che con l’arrivo di mia figlia sono cambiate tante cose. Ci si inserisce più facilmente in una società, anche molto diversa della tua, avendo un figlio.

Hai dovuto rinunciare a qualcosa, scegliendo di trasferirti in Italia? Ti è pesato?
Non direi. Penso di aver cambiato la mia vita per una vita che è più adatta al mio carattere: la vita insieme a mio marito e mia figlia è quella che desideravo da sempre, a prescindere della scelta tra campagna e (piccola) città. Non ho mai rimpianto la mia scelta. Peccato che, ancora oggi, nella sfera professionale, una volta che ti sei allontanata dal giro non ti considerano più. Le offerte di lavoro si riducono drasticamente, e questo nonostante la tecnologia, Skype, Facetime etc. Ho scritto un articolo sulla ‘mia’ Puglia per la rivista tedesca “Food&Travel” ma non è certo un lavoro a tempo pieno. Di buono c’è che sono diventata una specie di esperta della Puglia,  il che va bene lo stesso, ma la mia carriera come giornalista è comunque rallentata. Ci ho provato a scrivere per delle riviste italiane ma scrivere in una lingua che non è la tua è difficile. Non arriverò mai al livello di un madrelingua, nonostante gli sforzi.  Un po’ mi spiace che mio marito, che è un grande viaggiatore e parla tante lingue, non abbia ancora nessun rapporto speciale con la Germania, sarebbe un buon pretesto per andarci più spesso di quanto faccia adesso.

Qual è la cosa che ami di più dell’Italia del sud e che in Germania non esiste?
Una qualità della vita superiore. Al sud vai a pranzo e poi hai anche il tempo di fare un pisolino prima di tornare in ufficio: questo non ha prezzo. Qui c’è un altro ritmo, tutto è più rallentato, non c’è quella fretta che abbiamo noi tedeschi di portare a termine un lavoro, una commissione. I primi tempi questa è stata una cosa a cui ho dovuto abitudarmi: se dovevo fare un’intervista a qualcuno bisognava prima aspettare che la persona arrivasse, poi con calma prendere un caffè insieme e solo dopo poteva cominciare l’intervista. Una volta abituata preferisco questo ritmo al nostro. Del resto abbiamo una vita sola, bisogna godersi ogni momento al massimo e rilassarsi. Che fretta c’è?

Tuo marito è barese: al di là dei cliché che vedono i tedeschi un po’ militareschi e gli italiani più rilassati e meno fanatici della disciplina, che tipo di educazione state dando a vostra figlia?
Emma cresce al sud, parla meglio l’italiano del tedesco e sta per diventare una barese/fasanese/leccese DOC Secondo me beneficia molto dell’equilibrio che cerchiamo di darle. Io sono più affettuosa, più premurosa, più madre insomma, mi dicono che sembro più una mamma italian che tedesca. Vittorio invece mi sembra più tedesco di me: è molto preciso in tutto ciò che fa, è puntualissimo, un genio nell’organizzare, gestire ecc. Con le scuole in Italia ci troviamo bene: a Fasano avevo trovato un bellissimo asilo nido gestito da due sorelle, poi a Monopoli un’ottima scuola materna. A Lecce Emma frequenta una scuola materna privata, insieme a tanti bimbi con genitori misti. Al di là di tutto questo Emma sembra avere un rapporto speciale con tutto ciò che è tedesco. Ama molto i nonni italiani ma quelli tedeschi le mancano proprio, ne parla spesso. Le amiche che vengono a trovarmi dalla Germania, i clienti tedeschi in masseria, le persone bionde in generale per lei hanno un fascino particolare, non c’è niente da fare.    

Cos’hai portato di tuo nella gestione delle Masserie?
A questa domanda dovrebbe rispondere mio marito…Dal mio punto di vista i clienti stanno apprezzando, diciamo così, il tocco femminile. Più che la mia gestione, i “soft skills”. A me per esempio non piace la chiacchierata di cortesia, se mi metto a parlare con una persona voglio veramente conoscerla. Poi non so fingere. I miei contatti in masseria non diventano tutti amicizie, con tanti clienti però mi sento anche fuori stagione, tramite sms, whatsapp, email. Ci scambiamo le foto, ci salutiamo, ci facciamo gli auguri etc. Non è una cosa che faccio per la masseria. La faccio per il mio benessere, perché mi fa piacere. Preferisco non aver un impegno fisso o un vero ruolo ma fare un po’ di tutto. Faccio quello che mi sento di fare, dare consigli, parlare, divertire, stare vicino ai clienti. Si sente se uno lo fa con il cuore o perché lo deve fare. Un altro lato positivo per me e per nostra figlia sono i rapporti con il personale: per noi è la nostra seconda famiglia, Emma cresce con tanti zii, zie, cugine etc. Anche con loro è bello che io non abbia un ruolo, un titolo. I rapporti diventano più facili, più naturali, e sono sicura che anche Vittorio beneficia di questo.

L’arrivo della bambina ha cambiato/migliorato il vostro approccio con gli ospiti che hanno bambini?
Decisamente si. Io prima di Emma non avevo tanto a che fare con i bambini. Da quando c’è sento maggiore empatia con altri genitori. Amo organizzare cose carine come il corso di cucina per fare i biscotti natalizi (ndr. le 2 masserie sono aperte e molto frequentate anche a Natale). oppure d’estate fare la pizza con i bambini nell’aia della masseria, i corsi di yoga etc: sono convinta che quello che piace a mia figlia o a me stessa può piacere a tanti altri, bambini o adulti. E poi mi diverto a fotografare: in questo modo abbiamo qualcosa da regalare ai clienti alla fine della loro vacanza in masseria. Anche questo non lo faccio come se fosse un servizio targato “Masseria Torre Coccaro” ma come un’amica che ti ha scattato delle foto immortalandoti in un momento bello, che potrai conservare per sempre. Nessuno si aspetta niente ma queste attenzioni piacciono molto perché toccano la sfera più intima. 

Quand’è che hai scoperto la passione per la fotografia? È stata per te la chiave per reinventarti?
La passione ce l’ho da sempre. Invidiavo i miei collegi fotografi che facevano le foto mentre io stavo alla scrivania a buttare giù la prima bozza del mio articolo, sempre al computer, sempre chiusa dentro… Ho sempre fatto delle foto per conto mio. Spesso le offrivo insieme ad un mio articolo così la redazione risparmiava soldi. Con l’arrivo di Emma ho cominciato a scattare ancora più seriamente. Ho comprato una macchina fotografica come si deve e qualche lente in più per divertirmi. Così è partita la vera passione. Oggi arrivo a fare 3-4 mila foto ogni volta che partiamo per un weekend fuori. Fornisco tante foto anche per i social delle masserie e per il blog, che gestisco io. Sono spesso in giro a scattare ai compleanni, ho addirittura fatto qualche matrimonio in masseria come fotografa ufficiale. Sta andando bene perché il mio stile molto emozionale, poco posato, un po’ ‘reportage’ qui piace. Poi ci sono poche donne fotografe in giro, la maggior parte sono uomini e alcune situazioni richiedono un approccio più sensibile, meno invasivo, più femminile. E’ una vocazione, è quello che vedo nel mio futuro. 

Qual è il tuo mantra?
Life is what happens while you make other plans.

fonte: http://www.momsabouttown.it/mymomsabouttown-katja/